SIBO: ecco il rischio per chi assume “gastroprotettori”!

Ogni tanto in medicina spunta una sigla nuova.
Avete mai sentito parlare di SIBO?
SIBO sta per Small Intestinal Bacterial Overgrowth.
Cosa significa?
Nella SIBO i batteri che normalmente abitano nel colon finiscono con l’invadere il piccolo intestino (duodeno, digiuno e ileo) tanto da raggiungere una concentrazione di almeno 10 alla 5 unità formanti colonie/ml. Compaiono a questo punto una serie di disturbi digestivi che possono evolvere fino a forme gravi di malassorbimento.
Normalmente i batteri colici rimangono dove ha predisposto Madre Natura, nel colon per l’appunto. Vari meccanismi contribuiscono a mantenere l’ordine nell’ambiente intestinale. Un ruolo importante è senza dubbio quello svolto dalle secrezioni gastriche e pancreatiche.
Dunque le cose funzionano bene finché i batteri colici e quelli del piccolo intestino rimangono al proprio posto. Potremmo parlare di “specificità di localizzazione” e di “specificità qualitativa”.
I batteri buoni (o probiotici) tengono a bada quelli cattivi:
– mediante meccanismi di competizione per il substrato (in altri termini sottraggono i nutrienti ai batteri patogeni),
– mediante la produzione di particolari molecole (batteriocine) in grado di agire come antibiotici (antagonismo diretto),
– aderendo alla mucosa intestinale e togliendo così spazio ai batteri patogeni (competizione per i recettori cellulari),
– stimolando la funzione immunitaria e favorendo la peristalsi intestinale.
Grazie a questi meccanismi nell’intestino regnano ordine e pulizia. Nessun disturbo giunge da questo organo tanto che quasi non ci accorgiamo di avere un intestino.
Quando però si crea il caos (disbiosi intestinale) subentrano una serie di condizioni fisiopatologiche quali la stipsi o la diarrea, il meteorismo (la pancia si gonfia fino a livello dello stomaco) e altri disturbi dispeptici. Nelle forme più gravi si arriva al malassorbimento intestinale (anemia e carenze vitaminiche).
Possibili cause della SIBO sono gli interventi chirurgici che ledono l’integrità della valvola ileocecale (struttura anatomica che separa il piccolo intestino dal colon), la gastrite cronica atrofica, l’assunzione per periodi prolungati di inibitori della pompa protonica (i cosiddetti gastroprotettori), di psicolettici, di inibitori selettivi del re-uptake della serotonina (antidepressivi) e dell’allopurinolo (il farmaco per l’iperuricemia).
Ora se una molecola si fregia del nome di “protettore gastrico” è lecito che la percezione della gente sia quella che non si tratti di un farmaco vero e proprio. Se poi è possibile ricorrere a formulazioni che non richiedono la ricetta medica (come purtroppo è) saranno in molti ad auto-prescriversi un inibitore di pompa protonica.
È proprio grazie a questa combinazione diabolica (falsa percezione e facilità di assunzione) che gli antiacido sono tra i farmaci più venduti al mondo. E da quando è così le diagnosi di SIBO si sprecano! In media il 50% dei pazienti che assumono inibitori di pompa a dosaggio pieno per un anno sviluppano una SIBO. Dopo 5 anni la percentuale sale al 70-75%.
La diagnosi di SIBO si pone dopo raccolta e coltura diretta del contenuto intestinale mediante sondaggio. Si tratta però di un metodo invasivo e poco sensibile per l’impossibilità di raggiungere i tratti digiuno-ileali distali.
Ci sono poi i test del respiro. I breath-test al glucosio e al lattulosio dosano l’aumento delle concentrazioni di idrogeno (H2) e metano (CH4) nell’aria espirata rispettivamente dopo un carico di glucosio e di lattulosio. Si tratta di gas che possono essere prodotti solo dai nostri batteri intestinali. E allora se la concentrazione di H2 o di CH4 aumenta di più di 12 parti per milione rispetto al valore basale quando ingeriamo il glucosio abbiamo una SIBO. Abbiamo una SIBO se si osservano due picchi di tale incremento dopo ingestione di lattulosio. Il primo picco corrisponde alla SIBO il secondo all’attività dei batteri colici.
Se attraverso questi test ci viene fatta diagnosi di SIBO quale sarà la terapia?
I gastroenterologi suggeriscono l’assunzione di rifaximina, un antibiotico battericida non assorbibile che agisce dunque solo a livello intestinale. L’obiettivo è quello di spazzar via la gran parte dei batteri patogeni. Certo è che anche quelli buoni ci rimettono le penne. E poi? Una buona strategia potrebbe essere quella di ricolonizzare l’ambiente intestinale con un buon prodotto pro-biotico.

microbiota

microbiota

Lo studio del microbiota intestinale è una delle frontiere più promettenti della medicina. Tra non molto cureremo molte delle patologie che ci affliggono partendo da qui. Curare la SIBO allora sarà un gioco da ragazzi e di certo non ci serviremo allo scopo di un “anti-biotico”.
Per ora vi lascio con un monito: attenti agli anti-acido… non sono acqua fresca!

Riferimento bibliografico

Fujimori S. What are the effects of proton pump inhibitors on the small intestine?
World J Gastroenterol. 2015 Jun14;21(22):6617-9