La restrizione calorica e l’invecchiamento di successo

“Caloric restriction is the most effective and reproducible dietary intervention known to regulate aging and increase the healthy lifespan in various model organisms, ranging from the unicellular yeast to worms, flies, rodents, and primates.”
“La restrizione calorica è il più efficace e riproducibile intervento nutrizionale in grado di contrastare l’invecchiamento e di migliorare la qualità di vita in vari modelli animali, dai lieviti ai vermi, alle mosche, ai roditori, ai primati.”
Con questa frase inizia l’ultimo lavoro di Valter Longo, Professore presso la Davis School of Gerontology (University of Southern California) e ricercatore presso l’IFOM-FIRC (Institute of Molecular Oncology Foundation) di Milano.
Sono anni che Longo pubblica lavori sulla restrizione calorica.
In un articolo del 2015 dal titolo “Intervention to slow aging in humans: are we ready?” si tracciano le conclusioni del workshop tenutosi ad Erice nel 2013. A quell’evento hanno partecipato studiosi provenienti da ogni parte del mondo, esperti nella biologia e nella genetica dell’invecchiamento. Il punto è che la vita media si è allungata. Un bambino che nasce oggi ha un’aspettativa di vita di 83,80 anni se è un maschio e di 85,82 anni se è una femmina. Viviamo più a lungo dunque ma nelle ultime decadi di vita la nostra salute è precaria. Diabete, malattie cardiovascolari, malattie osteoarticolari e tumori ci fanno vivere male e ci rendono dipendenti dai farmaci.
Gli scienziati si stanno chiedendo se sia possibile mettere in atto una serie di interventi attraverso i quali realizzare un invecchiamento di successo. Che cosa intendo per invecchiamento di successo? Pensate ad una persona anziana ancora attiva, che abbia delle passioni e che sia in grado ancora di fare progetti per il suo futuro, che abbia delle relazioni sociali al di fuori della famiglia, che sia in grado di leggere ed imparare cose nuove, che gestisca la sua quotidianità in autonomia senza diventare dipendente dagli altri, che non debba prendere farmaci.

vecchiaia e salute

invecchiare in salute

La vecchiaia vista così è quasi allettante.
Gli scienziati unitisi ad Erice sono giunti alla conclusione che ci sono alcune cose che possiamo cominciare a fare per invecchiare in salute e tra queste:
1. interventi nutrizionali che simulano una restrizione calorica cronica come i digiuni periodici (periodic fasting mimicking diets) o la restrizione proteica;
2. assunzione di principi attivi che inibiscano l’asse ormonale GH/IGF-1;
3. assunzione di principi attivi che inibiscano il pathway mTOR-S6K;
4. assunzione di principi attivi che promuovano la sintesi di AMPK o di specifiche sirtuine.
In questi quattro punti è racchiuso il nostro sapere in tema di medicina del benessere e prevenzione primaria.
Cercherò di spiegarli in maniera essenziale. L’argomento si è fatto ad un tratto difficile perché quello che si sta dicendo è che attraverso il digiuno e la restrizione calorica possiamo modulare l’attività ormonale di un intero organismo e addirittura fare in modo che alcuni geni si “accendano” portando ad un’elevata sintesi delle proteine che esprimono ed che altri si “spengano” (noi parliamo di modulazione epigenetica: il gene non subisce modifiche nella sua sequenza ma agendo su specifici recettori siamo in grado di accenderlo o spengerlo proprio come faremmo con l’interruttore della corrente). Conoscere questi fini meccanismi e la loro modulazione ci permetterebbe di parlare del cibo al pari di un farmaco. Di fronte a questa prospettiva mi viene da pensare che Ippocrate fosse una specie di “inviato speciale” dal futuro quando diceva ai suoi coevi “Fa che il cibo sia la tua medicina”!
Durante il digiuno che avrà la caratteristica di essere intermittente (digiunando in modo sconsiderato si rischia di compromettere il proprio stato di salute piuttosto che di contrastare l’invecchiamento) e a seguito della restrizione proteica la sintesi del GH (Growth Hormone, ormone della crescita) diminuisce sensibilmente. A produrre il GH ci pensano specifiche cellule ipofisarie. L’ormone, una volta sintetizzato, diffonde attraverso la circolazione ematica e giunge al fegato. Qui promuove la sintesi di IGF-1, Insulin like Frowth Factor 1, anche nota come somatomedina.
L’IGF-1 gioca un ruolo importante nel promuovere la crescita cellulare (nei bambini l’asse GH/IGF-1 è fondamentale ai fini dell’accrescimento) ma è coinvolto anche nella crescita delle cellule tumorali. Per questo motivo una modulazione della sua sintesi potrebbe essere una valida strategia di prevenzione delle malattie oncologiche.
mTOR (Mammalian Target Of Rapamycin, bersaglio nei mammiferi della rapamicina) è una protein chinasi in grado di regolare, attraverso l’intervento dell’S6K1 (chinasi della proteina ribosomiale S6), la crescita cellulare. mTOR viene descritto come un sensore della disponibilità di nutrienti. Così ad esempio in condizione di deficit energetico questa chinasi promuove l’autofagia della cellula muscolare con mobilitazione delle proteine a favore della glicogenesi epatica: anche in condizioni di criticità i parenchimi nobili (cuore, cervello, polmone e fegato) vanno preservati garantendo loro un adeguato apporto di glucosio. Si tratta dunque di un complesso sistema attraverso il quale la cellula percepisce quale sia l’ambiente esterno (abbondanza o carenza di nutrienti) e in conseguenza di ciò prende le sue decisioni per il futuro.
L’idea è che le cellule che sono più suscettibili ad “affamarsi” durante il digiuno siano proprio quelle neoplastiche. La restrizione calorica viene dunque interpretata come una specie di lavaggio interno attraverso il quale spazzare via le cellule malate.

invecchiamento di successo

vecchiaia serena

L’AMPK, serina-treonina chinasi attivata dall’AMP, viene definita il “master” regolatore del metabolismo. Essa è in grado di controllare lo stato energetico della cellula e di coordinare la risposta metabolica quando l’omeostasi energetica viene ripristinata. La sintesi di AMPK è attivata dalla restrizione calorica e da tutti quei fattori che promuovono il rilascio di Ca2+ a livello intracellulare (vedi contrazione muscolare).
Così ad esempio è merito dell’AMPK se ai diabetici fa bene l’esercizio fisico: la molecola agisce come mediatore chiave nel trasporto di glucosio a livello della fibra muscolare con meccanismo indotto dalla contrazione ed insulino-indipendente. Se fosse possibile impacchettare all’interno di una capsula la giusta dose di attività fisica, il nuovo farmaco avrebbe effetti terapeutici sovrapponibili a quelli degli ipoglicemizzanti orali!
La ricerca scientifica si sta sempre più concentrando su questa prodigiosa molecola che già rappresenta un target terapeutico nel trattamento della sindrome metabolica e delle patologie ad essa associate. Nel meccanismo d’azione degli ipoglicemizzanti orali quali metformina e tiazolidinedioni (vedi rosiglitazione, pioglitazone, troglitazone) sembra sia implicata l’attivazione dell’AMPK.
Che un’aumentata attività dell’AMPK possa avere un effetto terapeutico sulla sindrome metabolica è confermato anche dal fatto che una sua ridotta attività conduce invece ad un aggravamento di questa condizione come dimostrato nei topi e più recentemente negli uomini.
Stante la sua posizione di crocevia, l’AMPK regola una miriade di eventi quali l’infiammazione, lo stress ossidativo, l’autofagia, la funzione mitocondriale e l’ossidazione degli acidi grassi.
In ultimo le sirtuine (il nome deriva da Sir2, Silent Information regulator 2, il primo gene della longevità ad essere identificato), sono degli enzimi deacetilasici il cui ruolo è quello di spengere i geni. Attraverso il silenziamento genico le sirtuine sono in grado di regolare la produzione di insulina e glucosio e il metabolismo lipidico. Si ipotizza che la restrizione calorica possa promuovere la sopravvivenza cellulare mediante l’induzione delle sirtuine.
Questo è quello che sappiamo in tema di digiuno, invecchiamento e prevenzione delle malattie cronico-degenerative. Tanto rimane ancora da scoprire.

Riferimento bibliografico
Longo V. et al. Intervention to slow aging in humans: are we ready? Aging Cell. 2015